4 gennaio 2012

Corte di Cassazione, Ordinanza del 02 gennaio 2012, n. 9 Promessa di matrimonio infranta, no ai danni non patrimoniali



La libertà di sposarsi o meno è salva, ma può costare caro al fidanzato incerto! Questa, in sintesi, la “morale della favola” che emerge dall’analisi dell’ordinanza n. 9 della Sesta Sezione della Corte di Cassazione, depositata il 2 gennaio 2012.
Partiamo da una premessa. Secondo l’assetto delineato dal Legislatore all’art. 79 del c.c. la promessa di prendersi reciprocamente come marito e moglie è incoercibile e non giuridicamente vincolante, in quanto non obbliga nessuna delle parti a contrarre matrimonio, né ad eseguire ciò che si fosse eventualmente convenuto per il caso di non adempimento. E ciò risponde alla generale tutela della libertà matrimoniale, ossia della libertà di contrarre o meno matrimonio.
Ma la parola data non è certo priva di effetti, in quanto la legge prende in considerazione la situazione di chi ha sostenuto spese e assunto obblighi a causa della promessa e pone a carico del promittente delle conseguenze di carattere patrimoniale.
Se la promessa risulta da atto scritto (atto pubblico o scrittura privata) o dalla richiesta delle pubblicazioni, il promittente che si rifiuta di eseguire la promessa senza giusto motivo è obbligato a risarcire il danno cagionato all’altra parte per le spese fatte e le obbligazioni contratte a causa della promessa.
Ed è quanto avvenuto nel caso posto all’attenzione della Cassazione, in cui il fidanzato incerto veniva condannato dal Tribunale prima, e dalla Corte d’Appello poi, al risarcimento dei danni in favore della ex fidanzata, per ingiustificata rottura della promessa di matrimonio, nella misura corrispondente alle spese fatte ed alle obbligazioni contratte in previsione delle nozze. Come se non bastasse, la Corte d’Appello, in accoglimento dell’appello incidentale, riconosceva alla mancata sposa anche il ristoro dei danni non patrimoniali pari ad € 30.000.
Forse è un po’ troppo. Questo avranno pensato i Giudici della Cassazione che, accogliendo parzialmente le doglianze del ricorrente, hanno cassato la sentenza di secondo grado nella parte concernente il riconoscimento dei danni morali.
Secondo la Corte, nell’ipotesi di ingiustificata rottura della promessa di matrimonio non sono risarcibili voci di danno patrimoniale diverse da quelle tassativamente previste dall’art. 81 c.c. (rimborso delle spese affrontate e delle obbligazioni contratte in vista del matrimonio) e men che mai gli eventuali danni non patrimoniali. Diversamente opinando si “comprimerebbe” eccessivamente la libertà di ognuno di contrarre o non contrarre le nozze.

Corte di Cassazione, Sezione Sesta Civile, Ordinanza del 02.01.2012, n. 9
La Corte,
premesso in fatto:
- Il 7 novembre 2011 è stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.:
“1.- Con la sentenza impugnata in questa sede la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza con cui il tribunale di Catania - Sez. dist. di Paternò - ha condannato G. C. al risarcimento dei danni in favore di P.F. per ingiustificata rottura della promessa di matrimonio, nella misura di € 9.875,45, somma corrispondente alle spese fatte ed alle obbligazioni contratte dalla fidanzata in previsione delle nozze. In accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla F. la Corte di appello ha poi condannato il C. al risarcimento dei danni non patrimoniali, liquidati in € 30.000,00.
Quest’ultimo propone sette motivi di ricorso per cassazione.
L’intimata non ha depositato difese.
2.- I primi due motivi, con cui il ricorrente lamenta vizi di motivazione e violazione degli art. 79. 80 e 81 cod. civ. nel capo in cui la sentenza impugnata lo ha condannato al rimborso delle spese, sono inammissibili perché generici ed apoditticamente formulati.
Il ricorrente lamenta che la Corte di merito non abbia preso in esame le sue deduzioni circa il giusto motivo della rottura del fidanzamento e non abbia tenuto conto, nella quantificazione dei danni, della misura in cui dette spese avrebbero potuto essere recuperate, ma non fa alcun riferimento alla concreta motivazione della sentenza, che ha ritenuto non provate le eccezioni da lui sollevate, né illustra le ragioni per cui la motivazione si dovrebbe ritenere insufficiente, illogica o contraddittoria.
3.- Con il terzo e il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione degli art. 81 e 2059 cod. civ. e vizi di motivazione, sul rilievo che il risarcimento dei danni conseguenti all’ingiustificata rottura della promessa di matrimonio va circoscritto alle spese fatte ed alle obbligazioni contratte dal promissario; non può essere esteso oltre questi limiti - e men che mai al risarcimento dei danni non patrimoniali
- poiché il recesso dalla promessa non costituisce illecito, in quanto la legge vuol salvaguardare fino all’ultimo la piena libertà delle parti di decidere se contrarre o non contrarre matrimonio. Richiama a conforto la recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. civ. Sez. 3, 15 aprile 2010 n. 9052).
3.- I motivi sono fondati.
Va premesso che la rottura della promessa di matrimonio formale e solenne - cioè risultante da atto pubblico o scrittura privata, o dalla richiesta delle pubblicazioni matrimoniali (come nel caso di specie, ove il ricorrente ha esercitato il recesso solo due giorni prima della data fissata per la celebrazione delle nozze) - non può considerarsi comportamento lecito, come assume il ricorrente, allorché avvenga senza giustificato motivo.
E’ indubbio che tale comportamento non genera l’obbligazione civile di contrarre il matrimonio, ma il recesso senza giustificato motivo configura pur sempre il venir meno alla parola data ed all’affidamento creato nel promissario, quindi la violazione di regole di correttezza e di autoresponsabilità, che non si possono considerare lecite o giuridicamente irrilevanti.
Poiché, tuttavia, la legge vuol salvaguardare fino all’ultimo la piena ed assoluta libertà di ognuno di contrarre o non contrarre le nozze, l’illecito consistente nel recesso senza giustificato motivo non è assoggettato ai principi generali in tema di responsabilità civile, contrattuale od extracontrattuale, né alla piena responsabilità risarcitoria che da tali principi consegue, poiché un tale regime potrebbe tradursi in una forma di indiretta pressione sul promittente nel senso dell’accettazione di un legame non voluto. Ma neppure si vuole che il danno subito dal promissario incolpevole rimanga del tutto irrisarcito.
Il componimento fra le due opposte esigenze ha comportato la previsione a carico del recedente ingiustificato non di una piena responsabilità per danni, ma di un’obbligazione ex lege a rimborsare alla controparte quanto meno l’importo delle spese affrontate e delle obbligazioni contratte in vista del matrimonio.
Non sono risarcibili voci di danno patrimoniale diverse da queste e men che mai gli eventuali danni non patrimoniali.
La motivazione della sentenza impugnata, circa la rilevanza degli interessi non patrimoniali, degli affetti e dei diritti della persona del promesso sposo incolpevole, che sarebbero anche costituzionalmente protetti e che risulterebbero lesi dalla rottura della promessa, è irrilevante e non congruente con la disciplina giuridica della materia, poiché tralascia il presupposto ineliminabile per poter attribuire rilevanza ai suddetti diritti e interessi: cioè l’assoggettamento della promessa dimatrimonio e del suo inadempimento ai principi generali in tema di responsabilità, contrattuale od extracontrattuale, anziché ai soli effetti espressamente previsti dall’art. 81 cod. civ.
4.- Gli altri motivi, che censurano i criteri di liquidazione del danno non patrimoniale, risultano assorbiti.
4.- Propongo che il ricorso sia deciso con procedura in camera di consiglio, nel senso dell’accoglimento del terzo e quarto motivo; del rigetto del primo e del secondo motivo, assorbiti gli altri motivi”.
- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e ai difensori delle parti.
-II P.M. non ha depositato conclusioni scritte.
Considerato in diritto:
Il Collegio, all’esito dell’esame del ricorso, ha condiviso la soluzione e gli argomenti prospettati dal relatore.
In accoglimento del terzo e del quarto motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata nella parte in cui ha condannato il ricorrente al risarcimento dei danni non patrimoniali. Il primo e il secondo motivo vanno rigettati e gli altri motivi risultano assorbiti.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, 2° comma, cod. proc. civ.
Il capo della sentenza di appello che ha accolto l’appello incidentale della F.,condannando il C. al risarcimento dei danni non patrimoniali, deve essere annullato, mentre va confermata la condanna del ricorrente a rimborsare alla F. le spese fatte e le obbligazioni contratte in vista del matrimonio, nell’importo quantificato dal Tribunale e confermato dalla Corte di appello.
Considerata la reciproca soccombenza delle parti le spese del giudizio di appello si compensano per intero.
Le spese del presente giudizio vanno poste a carico della soccombente F. e si liquidano complessivamente in € 1.500,00 di cui € 200,00 per esborsi ed € 1.300,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.
P.Q.M.
La Corte di cassazione accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso; rigetta il primo e il secondo motivo e dichiara assorbiti gli altri motivi.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da P.F. con l’atto di appello incidentale e conferma il rigetto dell’appello principale, proposto da G. C. e compensa per intero le spese del giudizio di appello.
Condanna P.F. a rimborsare al ricorrente le spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in € 1.500,00, oltre alle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2011
Depositata in Cancelleria il 02.01.2012

2 commenti:

  1. Si segnala:
    Corte di Cassazione, sez. III, civ., Sentenza 15 aprile 2010, n. 9052
    In tema di promessa di matrimonio, l'obbligazione che consegue "ex lege" all'esercizio del diritto di recesso non può configurarsi come illecito extra-contrattuale, costituendo il recesso espressione di una libertà fondamentale, nè come responsabilità contrattuale o precontrattuale, posto che la promessa di matrimonio non è un contratto e neppure costituisce un vincolo giuridico tra le parti; si tratta, infatti, di una particolare forma di riparazione collegata direttamente dalla legge alla rottura del fidanzamento "senza giusto motivo", con la conseguenza che incombe al recedente, qualora voglia sottrarsi a sifatta obbligazione riparatoria, l'onere di provare la sussistenza del giustificato motivo, quale fatto costitutivo negativo della pretesa dell'altra parte.

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  2. Tribunale di Bari, sez. I, civ., Sentenza 28 settembre 2006, n. 2390
    Essendo l'obbligazione scaturente dall'art. 81 c.c., un'obbligazione "ex lege", rispetto ad essa è inammissibile il risarcimento per danni morali, ponendosi al di fuori dell'ambito di applicazione dall'art. 2043 c.c., pertanto i danni liquidabili risultano essere esclusivamente quelli derivanti dalle spese ed obbligazioni contratte in vista di un futuro matrimonio.

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