26 aprile 2012

Revoca affido condiviso dei figli? legittima se la conflittualità tra genitori pone in pericolo lo sviluppo psicofisico dei minori!


Un padre separato ricorreva in Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che, riformando la decisione del giudice di prime cure, aveva revocato l’affido condiviso della figlia minore a causa della forte conflittualità intercorrente tra i genitori. Con il ricorso, quindi, il padre deduceva:


1 - violazione e falsa applicazione dell’ art. 155 c.c., in quanto la sola conflittualità (condizione che riguarda entrambi i genitori) non può tradursi in giudizio di inidoneità di un genitore a scapito dell’altro e, quindi, non può fornire utili indicazioni sul genitore da scegliere;

2 – violazione dell’art. 155 sexies, comma 2, c.c., poiché la Corte territoriale avrebbe illegittimamente disposto l’affidamento esclusivo della figlia, senza avvalersi della possibilità di rinviare la decisione per tentare una mediazione, come previsto disposizione succitata, e ciò nonostante il consenso formalmente dato ed il fatto che il CTU, proprio in relazione alle condizioni psichiche della minore, pregiudicate dalla mancanza di comunicazione tra i genitori, avesse testualmente affermato la fondamentalità di un percorso di mediazione familiare.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 5108, depositata il 29 marzo 2012, rigettando il ricorso del padre, ha innanzitutto ribadito che, in tema di separazione personale, la regola prioritaria dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista dall’art. 155 cod. civ. è, ai sensi dell’art. 155 bis, primo comma, cod. civ., derogabile solo ove la sua applicazione risulti contraria all’interesse del minore, interesse che costituisce esclusivo criterio di valutazione in rapporto alle diverse e specifiche connotazioni dei singoli casi.

La mera conflittualità esistente tra coniugi, che spesso connota i procedimenti di separazione, non preclude il ricorso a tale regime preferenziale solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole; assume, invece, connotati ostativi alla relativa applicazione ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psicofisico dei figli e, dunque, tali da pregiudicare il loro superiore interesse.

Ciò detto, secondo la Corte di Legittimità,  i giudici d’appello, nel procedimento di modifica delle condizioni della separazione personale delle parti, hanno argomentatamente sostituito il regime di affidamento condiviso della figlia delle parti con quello di affidamento esclusivo della minore alla madre, attenendosi al dettato normativo, ineccepibilmente inteso alla luce delle regole e dei principi in precedenza evidenziati. Hanno in particolare rilevato che dall’espletata istruttoria, e segnatamente dall’esito della CTU, era emerso che l’affidamento condiviso si era dimostrato nocivo alla minore e possibile fonte di future patologie per la stessa, in quanto generante ansia, confusione e tensione, e, dunque, irreprensibilmente concluso per la sussistenza di condizioni pregiudizievoli al suo interesse, atte a legittimare l’avversata decisione, chiarendo anche le ragioni, rimaste incontestate, per l’affidamento della figlia alla madre.

Con riferimento al mancato esercizio da parte dei giudici di merito del potere di rinviare la decisione per consentire ai coniugi di tentare una mediazione finalizzata al raggiungimento di un accordo, il Collegio ha rilevato che l’art. 155 sexies, comma 2, c.c. attribuisce al giudice un potere discrezionale esercitabile per ragioni di opportunità, ragioni la cui ricorrenza risulta nella specie evidentemente esclusa dalla rilevata urgenza di provvedere per evitare anche che, nelle more del ristabilimento del dialogo genitoriale, la minore potesse subire ulteriori danni.
   
Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, 29 marzo 2012, n. 5108

Motivi della decisione
Preliminarmente va ritenuta l’irricevibilità degli atti che la S. ha allegato alla memoria, estranei all’ambito di quelli di cui è consentito il deposito in questa sede (art. 372 c.p.c.); a tale rilievo consegue anche l’assorbimento dell’eccezione svolta dalla medesima parte, d’inammissibilità del ricorso per rinuncia implicita del R. A sostegno del ricorso il R. denunzia:
1. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 155 c.c., commi 1, 2, 3 (come sostituito dall’art. 1 comma 1 della L. 8 febbraio 2006 n. 54)”.
Sostiene:
- che sono stati del tutto disattesi i principi interpretativi del nuovo art. 155 c.c.
- che l’affidamento ad uno solo dei genitori può essere disposto solo quando il giudice ritenga, con provvedimento motivato, che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore, risultando nei confronti del genitore escluso una sua condizione di manifesta carenza o di inidoneità educativa comunque tale da rendere quell’affidamento in concreto pregiudizievole per il minore: deve trattarsi quindi di una condizione specifica e negativa del genitore escluso: la sola conflittualità tra i genitori, condizione questa che riguarda entrambi, non può tradursi in giudizio di inidoneità di uno dei due e quindi non può certo fornire utili indicazioni sul genitore da scegliere ... tra i due litiganti; ciò tanto più quando siano stati espressi pareri pressoché uguali sulla idoneità di ciascun genitore
- che l’affidamento esclusivo darà veste di legittimità a immancabili atti di prevaricazione del genitore affidatario legittimato all’esercizio esclusivo della potestà genitoriale, sicché finirà con l’accrescersi e potrà, questa volta sì, divenire irreversibile la conflittualità con gravissimo pregiudizio per il minore sul quale inevitabilmente ricadranno le conseguente
- che a lui non si rimprovera alcunché rispetto all’idoneità allo svolgimento delle funzioni genitoriali
2. “Violazione dell’art. 155 sexies, c. 2”.
Si duole che la Corte abbia illegittimamente escluso l’affido condiviso e disposto l’affido esclusivo della figlia alla S., senza avvalersi della possibilità di rinviare la decisione per tentare una mediazione, come previsto dall’art. 155 sexies, comma secondo, c.c., e ciò nonostante il consenso da lui formalmente dato ed il fatto che il CTU, proprio in relazione alle condizioni psichiche di G., pregiudicate dalla mancanza di comunicazione tra i genitori, avesse testualmente affermato la fondamentalità di un percorso di mediazione familiare.
Il primo motivo del ricorso non è fondato.
In tema di separazione personale, la regola prioritaria dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista dall’art. 155 cod. civ., è, ai sensi dell’art. 155 bis, primo comma, cod. civ., derogabile solo ove la sua applicazione risulti contraria all’interesse del minore, interesse che costituisce esclusivo criterio di valutazione in rapporto alle diverse e specifiche connotazioni dei singoli casi dedotti in sede giudiziaria.
La mera conflittualità esistente tra i coniugi, che spesso connota i procedimenti separatizi, non preclude il ricorso a tale regime preferenziale solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole; assume, invece, connotati ostativi alla relativa applicazione ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psicofisico dei figli e, dunque, tali da pregiudicare il loro superiore interesse.
Nella specie i giudici d’appello, nel procedimento di modifica delle condizioni della separazione personale delle parti, hanno argomentatamente sostituito il regime di affidamento condiviso della figlia delle parti con quello di affidamento esclusivo della minore alla madre, attenendosi al dettato normativo, ineccepibilmente inteso alla luce delle regole e dei principi in precedenza evidenziati. Hanno in particolare rilevato che dall’espletata istruttoria, e segnatamente dall’esito della CTU, era emerso che l’affidamento condiviso si era dimostrato nocivo alla minore e possibile fonte di future patologie per la stessa, in quanto generante ansia, confusione e tensione, e, dunque, irreprensibilmente concluso per la sussistenza di condizioni pregiudizievoli al suo interesse, atte a legittimare l’avversata decisione, chiarendo anche le ragioni, rimaste incontestate, per l’affidamento della figlia alla madre.
Del pari privo di pregio si rileva il secondo motivo di ricorso, inerente al mancato esercizio da parte dei giudici di merito, del potere, previsto dall’art. 155 sexies, secondo comma, cod. civ., di rinviare la decisione per consentire ai coniugi di tentare una mediazione finalizzata al raggiungimento di un accordo. La questione involta dalla censura noi risulta prospettata e dibattuto nelle fasi di merito, sicché ne è precluso il primo esame in questa sede; in ogni caso la citata norma attribuisce al giudice un potere discrezionale esercitabile per ragioni di opportunità, ragioni la cui ricorrenza risulta nella specie evidentemente esclusa dalla rilevata urgenza di provvedere per evitare anche che, nelle more del ristabilimento del dialogo genitoriale, la minore potesse subire ulteriori danni.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna del soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il R. a rimborsare alla S. le spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi € 2.700,00, di cui € 2.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 52, comma 5, del D.Lgs. n. 196 del 2003, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Nessun commento:

Posta un commento